Ipotetico approdo
Ci sono viaggi che non finiscono mai e isole che si raggiungono soltanto con la fantasia. Poi, ci sono le onde del mare e i suoni che giungono da lontano e raccontano di mondi incantati.
Ipoetico approdo, l’ultima fatica poetica di Claudia Piccinno, è tutto questo e molto di più.
Le lande isolate dell’oblio, tanto care alla poetessa, inevitabilmente conducono a un viaggio interiore, un viaggio intriso di sentimenti e sofferenza. Tutto è ipotetico e nulla lo è. Le certezze possono essere scardinate in pochi secondi, così come in pochi secondi si possono acquisire certezze.
L’onda del divenire si basa proprio su questo dualismo, sull’osservazione silenziosa di chi ha scelto la parola per poter raccontare uno spiraglio di mondo con altri occhi. E allora basta un dettaglio, un ossimoro che non è mai accostato a caso, per vedere con gli occhi di chi cesella finemente le parole scegliendole una ad una, perché quella scelta comporta un sacrificio, in un tunnel senza sbocco, in quel dualismo costante tra mente e anima.
Claudia Piccinno ha voluto raccontare i destini incrociati di personaggi votatati all’invisibilità, di coloro che non hanno altra chance che sopravvivere alla vita stessa. Lo fa distaccandosi, senza esprimere giudizi, ma lasciando che i verbi accarezzino anime in pena. E accorcia le distanze per comprendere mondi incomprensibili come quello dell’autismo, per trovare il bandolo della matassa perduta, o aspettare un girasole, anche se le primule sono già fiorite. L’approdo a qualcosa è la meta da raggiungere, una meta che scivola via. Un’Itaca struggente e meravigliosa, destinata ad allontanarsi, meteora inarrivabile perché, forse, se davvero fosse così semplice raggiungere quell’approdo interiore il mistero della vita sarebbe svelato.
Sabina Guidotti